Adozioni: criticità della legge (L.184/83)
Articolo presentato in Commissione Giustizia dall’avv. Girolamo Andrea Coffari il 16 maggio 2016 in sede di audizione alla Camera dei Deputati
Criticità che si intendono sottolineare relative a temi disciplinati dalla L.184/83
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Case famiglia il sistema dei controlli: c’è un numero sempre crescente di comunità familiari sotto inchiesta a causa di maltrattamenti e abusi su bambini.
E’ nota la vicenda della comunità “Il Forteto” in Toscana che, dopo una condanna definitiva per abusi e maltrattamenti, emessa nel 1985 a carico dei suoi due fondatori, ha continuato a ricevere bambini in affidamento per trent’anni e, secondo la sentenza di I grado del 2015 del Tribunale penale di Firenze, questi fondatori, insieme ad altri quattordici membri della Comunità hanno continuato a maltrattare i loro piccoli ospiti per decenni.
Ma sono tante, troppe, le comunità a carico delle quali si aprono procedimenti penali che, sempre più spesso, giungono a condanne.
Una dellle ragioni che spiega come in alcune “comunità familiari” i bambini anzichè essere protetti vengano maltrattati, anche nel caso, gravissimo, in cui ci siano state delle precedenti condanne per abusi sessuali e maltrattamenti è la mancanza di un reale ed efficace sistema di controllo.
Attualmente è il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni che effettua o dispone ispezioni – art. 9 punto 3 L.184/83 – ma è un sistema che non funziona. Le pochissime ispezioni che vengono effettuate sono spesso preventivamente annunciate, i ragazzi più difficili per quel giorno non si trovano in Comunità e l’ispezione si riduce ad un atto inutile e formale. Il controllo deve essere frequente, mai annunciato, deve necessariamente prevedere anche colloqui individuali, riservati e informativi con i bambini e i ragazzi ospiti in comunità.
Quale sia l’autorità che, secondo un’auspicabile riforma sul sistema dei controlli, avrà il compito di vigilare sulle “comunità familiari” è meno importante della disciplina invece che sarà individuata affinchè i controlli siano effettivamente disposti secondo regole predeterminate che indichino la necessità di redarre rapporti periodici sulla attività svolta.
E’ necessaria cioè una disciplina organica che avvi una attività istituzionale che, ponendo al centro l’interesse prevalente del fanciullo, riesca a monitorare le strutture, la sicurezza, l’osservanza delle norme e i comportamenti all’interno delle “comunità familiari”.
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armonizzazione del linguaggio giuridico: la legge in esame dovrebbe utilizzare i medesimi termini presenti nel codice civile e usati dalla giurisprudenza e distinguere quindi il collocamento dall’affidamento (es. art. 2 il termine affidamento viene utilizzato per significare il collocamento)
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art. 5 rispetto della identità culturale. Ci sono famiglie (numerose) Rom letteralmente smembrate dall’affidamento e dall’avvio di procedure di adozione che non troveranno mai famiglie disposte a farsi carico di bambini o adolescenti destinati a rimanere nelle comunità fino al diciottesimo anno di età per poi essere ripresi dalle famiglie naturali dopo un percorso doloroso e di privazione affettiva. Bisognerebbe, in questi casi, pensare a modalità di intervento basati non solo su interventi privativi e coercitivi, ma finalizzati al sostegno e all’integrazione.
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Durata del collocamento eterofamiliare. Gli artt 3 e 4 prevedono un periodo di affidamento (collocamento) massimo di 24 mesi prorogabile dal Giudice, non sono previste conseguenze sul piano giuridico in caso di mancanza della previsione del periodo massimo o di mancanza di proroga.
Il periodo di 24 mesi è troppo lungo e andrebbe dimezzato; andrebbe inoltre dichiarato nullo il provvedimento che non preveda un termine massimo di permanenza; allo spirare del termine va posta l’inefficacia ex lege del provvedimento del giudice.
Il complesso di interventi volti al recupero della famiglia di origine (art. 4 punto 4) devono essere epsressi in un progetto di recupero da allegarsi al procedimento e che prevede modalità, condizioni e tempi.
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Cause giutificative per il collocamento eterofamiliare.
Dal punto di vista dell’adulto la perdita o la sospensione della responsabilità genitoriale o del’affidamento possono essere gravi privazioni (a volte necessarie) della libertà e dell’espressione della personalità, dal punto di vista del fanciullo invece i termini sono esattamente rovesciati, è il collocamento infatti a modificare in maniera maggiormente sensibile la sfera di interessi e bisogni (stabilità e continuità affettiva e relazionale) ed è quindi potenzialmente lesivo dei suoi diritti, del suo equilibrio. – all’art. 2 si giustifica l’affidamento eterofamiliare nell’ipotesi che non vi sia un ambiente familiare idoneo, l’art. 333 del c.c. si riferisce invece ad una condotta pregiudizievole del genitore. Sono indicazioni generiche che danno luogo a interpretazioni molto diverse e che possono basarsi su equivoci, ambiguità, strumentalizzazioni, distorsioni a seconda della sensibilità personale dell’operatore chiamato a relazionare (assistente sociale, CTU).
Anche la giurisprudenza su questo campo è frammentata e divisa. Ci sono sentenze che interpretano il dettato normativo in maniera anacronistica e rigida disponendo l’affidamento e il collocamento eterofamiliare, anche per adolescenti, per motivi non gravi quali il corretto esercizio della bigenitorialità nei casi in cui un minore manifesti difficoltà o rifiuto del rapporto con un genitore.
Ci sono casi di adolescenti (14-16 anni) in casa famiglia da anni (!) solo perchè hanno espresso difficoltà nel rapporto psicologico e affettivo con uno dei genitori, si tratta di un’applicazione distorta e deformata del diritto alla bigenitorialità che si risolve in violenza istituzionale.
Ben si può affermare che la soluzione adottata (collocamento eterofamiliare) è peggiore e provoca maggiori danni del problema che si intende risolvere.
Altre pronunce (da ultimo Decreto 4 aprile 2016 Trib. Torino sez. VII Castellani-Carbonaro) invece tengono nella massima considerazione “l’ascolto del fanciullo” e nel suo supremo interesse rispettano la volontà e le difficoltà espresse dal minore specie se in età adolescenziale.
Si sente forte quindi l’esigenza di dare indicazioni normative specifiche e maggiormente stringenti sulle cause che possono giutificare il collocamento e l’affidamento eterofamiliare di un fanciullo. Andrebbe chiarito, anche a livello normativo, che i motivi che giustificano il cambio di collocamento per un fanciullo devono essere gravi, attuali e urgenti tali da superare il beneficio della continuità e stabilità affettiva – bene primario – che viene ad essere sacrificato.
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Le case famiglia requisiti, condizioni e natura giuridica. Per l’importanza che rivestono e la delicatezza delle funzioni che svolgono le comunità familiari, devono essere disciplinate, in maniera specifica, da una legge nazionale, i criteri, gli standard e i requisiti minimi.
Va dichiarata la natura di enti che svolgono una “funzione ad interesse pubblico” deve essere resa obbligatoria la pubblicità e la trasparenza degli atti, delle spese e dei bilanci.
Deve essere pubblico l’elenco degli organi direttivi e degli operatori che vi lavorano (esattamente come succede per le scuole di ogni ordine e grado) anche al fine di evitare conflitti di interessi.
Devono essere indicati gli standard di sicurezza delle strutture, le competenze degli operatori, inoltre devono essere divisi per fasce di età i fanciulli ospitati, in maniera che siano protetti i bambini più piccoli.
Riguardo a bambini in tenerà età vanno disposte norme che evitino la cura di operatori turnisti nelle “case famiglia” che impediscono un sano attaccamento ad una figura di riferimento (caregiver), vanno invece disposte modalità e procedure per poter individuare in brevissimo tempo famiglie collocatarie o affidatarie.
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Mancanza di una banca dati: manca una mappatura dei minori che si trovano collocati presso famiglie o case famiglia e una mappatura delle case famiglia e delle comunità presenti sul territorio.
Sono state svolte alcune ricerche su campionamento (Istituto degli Innocenti 2010/11/12) e dal Garante per l’Infanzia dimissionario (nov 2015), ma hanno portato ad indicazioni inesatte o, nel mgliore dei casi, insufficienti, a causa della scarsità dei dati.
E’ necessario e urgente invece che si avvi una procedura di analisi da svolgersi in via automatica, attraverso una raccolta dati incrociata e completa prevedendo che un’autorità centrale (Osservatorio presso l’Istituto degli Innocenti, ad esempio) possa raccogliere, rendere pubblici e analizzare le informazioni raccolte.
Si dovrebbe prevedere per legge l’obbligo da parte delle case famiglia e delle famiglie affidatarie di compilare e spedire una scheda (da aggiornare periodicamente) all’autorità individuata, per ogni fanciullo ospite, che indichi l’età, il tempo di permamenza, le modalità di visita dei genitori, le cause del collocamento (che vanno precodificate), lo status (collocamento, affidamento, adozione, preadozione) e tutte le notizie utili che servono ad avere contezza dei numeri e delle problematiche sottese. Deve essere fissata con chiarezza l’obbligatorietà della trasmissione delle informazioni da parte delle comunità o delle famiglie, a pena di ritiro dell’autorizzazione.
I dati devono poter essere raccolti anche dai tribunali e incrociati con quelli delle “comunità familiari”.
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Sostegno al compimento del 18 anno di età: al compimento del diciottesimo anno di età (o del 21 anno in caso di proroga delle tutele) il giovane si trova spesso ancora lungo un cammino di emancipazione e maturità non completata e di disagi non risolti.
Si avverte la necessità di incoraggiare la realizzazione di “comunità giovanili” per l’inserimento nel mondo del lavoro, il sostegno e il proseguimento degli studi.
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Continuità affettiva: il principio della continuità affettiva nella tutela dei fanciulli, già presente nella novella 175/2015, deve poter diventare un criterio per individuare il “supremo interesse del fanciullo” nei casi in cui va deciso il regime di visita, affidamento, adozione, collocamento.
La continuità e la stabilità affettiva, secondo gli studi portati a termine da uno dei più grandi psichiatri che hanno svolto ricerche sull’infanzia, John Bowlby, sono bisogni primari del bambino e vanno quindi elevati a criteri generali per definire quale è il suo interesse supremo nei casi concreti.
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Adozioni: Siamo in accordo con chi propone diverse tipologie di adozione (adozione aperta, di sostegno, modulare) che tengano conto sia della continuità affettiva con i genitori naturali, sia dell’interesse alla propria identità e origine biologica.
Ci possono esseri modalità di condivisione delle relazioni affettive e delle responsabilità in una prospettiva solidale.
Relativamente all’interesse alla propria identità è valutato positivamente il Disegno di Legge 1978 (XVII Leg.), approvato dalla Camera dei Deputati il 18 giugno 2015, assegnato alla Commissione Giustizia del Senato il 3 luglio 2015, che prevede la revoca dell’anonimato da parte della madre biologica anche attraverso l’interpello del figlio.
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Promozione della cultura dell’adozione: Ci si pronuncia a favore dell’istituzione della giornata nazionale dell’adozione (Disegno di Legge Romani e altri 2113 Senato) con l’indicazione di formare e informare sul significato altruistico, sul valore solidale dell’adozione anche in ordine alle difficoltà che si possono incontrare nell’adozione di fanciulli adolescenti.
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Adozione e surrogazione materna: nell’ipotesi in cui la mancanza di uno dei due genitori sia predeterminata con un’attività di surrogazione materna viene esclusa ogni possibilità, a favore del bambino, di poter conoscere e godere dell’amore, della presenza, delle cure della propria madre. Anche solo l’idea della madre viene frantumata da procedure che separano il concepimento dalla gestazione.
L’adozione è per vocazione e natura un atto solidaristico che colma una carenza che c’è a monte nella vita di un bambino se questa carenza viene invece intenzionalmente provocata per fini egoistici (surrogazione materna) l’interesse del bambino non è più quello di essere adottato, ma è quello di non trovarsi in una condizione di bisogno ad arte costruita.
Su questo punto quindi è necessaria una specifica previsione normativa che, nell’interesse supremo del fanciullo, possa impedire che l’adozione sia il punto di arrivo di un percorso precostituito e finalizzato a violare i diritti dei figli creando in loro mancanze e carenze di carattere primario.
avv. Girolamo Andrea Coffari